Ecco, sono le 11.30 di lunedì 24 ottobre 2022, e mi trovo ancora nel piccolo anfiteatro dove ho appena tenuto il mio sesto e ultimo seminario a Taranto, nell’ambito della prima parte della mia mobilità Erasmus. Il tema era la storia degli avvocati e ho insistito sulla delicatezza, l’indipendenza, la probità e l’eloquenza di questi ausiliarii di giustizia a cui avevo dedicato la mia tesi. Quindi, scrivendo questo post del blog, alla vigilia della mia partenza, cercherò di essere cosi. Sono stato accolto qui a Taranto, nel cuore della Puglia, in quella parte del Sud Italia che non conoscevo, non essendo mai sceso oltre Napoli (che, nelle mie rappresentazioni precedenti, incarnava proprio quella parte meridionale di un paese nel mio cuore da sempre), come se fossi sempre stato lì. Un membro della famiglia, e non parlo solo della famiglia forense o universitaria.



Fin dai primi giorni, grazie al Gentillissimo Professor Stefano Vinci, che è diventato un caro amico, durante il soggiorno ho preso parte a tutto ciò che faceva la particolare socialità di questo Sud Italia che, dopo averla sognata, diventava una realtà ricca, complessa, affascinante: l’anniversario di una professoressa, durante il quale sono stato presentato a tutte le persone che dovevano diventare quelle che vedrò ogni giorno o quasi, come, in particolare il Pr. Francesco Moliterni, specialista in diritto delle criptovalute, la celebrazione di un grande convegno internazionale sul diritto ambientale, la celebrazione di una messa in l’onore di San Francesco di Assisi (a dire il vero, di molte messe, perché ci sono tornato), in occasione della quale ho partecipato al coro, l’organisazione di esami orali che segnavano la fine di un insegnamento universitario e ai quali ho potuto partecipare direttamente, facendo domande agli studenti, la scoperta della baia di Taranto, e soprattutto dei suoi due mari, il mare Grande, e il mare piccolo, in kayak (con Stefano e i suoi amici, e ci sono tornato), la scoperta di un corso di Ju Jitsu con un grandissimo maestro italiano della disciplina, Pietro Bianchi, la partecipazione a un gruppo di lavoro sulle città mediterranee e il loro futuro, delle discussioni con dottorandi che condividono il loro tempo di insegnamento e di ricerca tra Taranto e Bari, e che rivedrò nella seconda parte del mio soggiorno, a Bari, sede principale dell’Università Aldo Moro, e, naturalmente, le visite del centro storico della Città dove all’ora dell’aperitivo si mescolano tanti tarantini quante diverse personalità che costituiscono e fanno esistere la città, e numerose visite alle città vicine, penso qui soprattutto alla scoperta di Massafra e del suo santuario, la Madonna della Scala, che mi ha commosso, e devo ringraziare di cuore il Sig. Giulio Mastrangelo che me l’ha fatto scoprire.

Certo, ho presentato le mie lezioni di corso, e credo di poter dire che è andato piuttosto bene. Ho cercato di essere sempre comprensibile (il mio italiano è lungi dall’essere perfetto), pur restando ambizioso, nelle analisi che proponevo sulle sei tematiche che avevo scelto di esplorare e che sono nel programma che potete leggere qui sotto. Gli ultimi due corsi, sulla fantascienza e sulla storia degli avvocati, credo, sono stati i più apprezzati dagli studenti, anche se anche le utopie, e la storia del diritto francese, li hanno interessati. Ho anche fatto ricerche al Archivio di Stato, e ringrazio la Signora Alfonzetti che mi ha permosso di vedere antiche mappe della città, e in varie biblioteche, tra cui la bellissima biblioteca arcivescoviana, che si trovava a due passi dal mio alloggio, nel cuore della Città Vecchia, via Duomo, e ho potuto scorgere la possibilità di un bell’articolo sulle visioni idealizzate della città di Taranto, tra istituzioni, utopia e uchronia, permettendomi di immaginare come avrebbe potuto evolversi questa città, ferita da un’industrializzazione troppo intensa, che l’ha spinta, un tempo, a voltare le spalle al mare che era la sua più bella giustificazione, e come si sta reinventando, oggi, alla luce di un cambiamento climatico che la spinge, la stimola, la sfida.

E, naturalmente, con una gioia intensa, e la sensazione di riconnettermi a ciò che mi definisce meglio, ho scritto. Ogni giorno, dopo ogni visita, ogni sentimento, ogni riflessione, ho scritto della finzione, della fantascienza. Questo è il motivo per cui non avete avuto di follow-up, su questo blog, come faccio di solito durante i miei viaggi universitari all’estero, come avevo fatto per il Libano, la Siberia, o l’Azerbaigian. Ma qui era un po’ diverso, amici: non ero all’estero, ma in un certo senso… ma quasi a casa! E ce l’ho fatta, sì. Ho scritto già più di 80.000 segni e ho potuto porre forti linee narrative che, con personaggi che ora vivono in me, e lo rimarranno finché non avrò finito di raccontare le loro avventure, e che mi permetteranno, come i pescatori di Taranto, di riportare nelle mie reti un nuovo testo da proporre a un editore.
In un certo senso, questo viaggio di tre settimane in Puglia, se non può essere considerato un pellegrinaggio, potrebbe benissimo diventarne uno, perché ormai Taranto è per me un luogo di raccoglimento tanto quanto uno spazio di esaltazione, che spero anche far conoscere alla mia famiglia, mia moglie, miei figli. E questo è incredibilmente rassicurante e benefico.